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Dispensa n.11 - Vento e pressione - Determinazione pratica dell’intensità del vento.


Con le nozioni apprese nelle precedenti dispense, noi ora siamo in grado di determinare direzione e verso del vento.

Il vento esce dall'alta e va verso la bassa. Ma non lo fa in linea retta. Perché?

Noi sappiamo che in natura, se esiste un dislivello da colmare, questo avviene seguendo la via più breve. Se non ci sono ostacoli, però. Un fiume, nel trasportare acqua dai monti al mare, segue un percorso più o meno tortuoso in relazione alla natura del suolo attraversato. Se sul suo cammino incontra uno sperone roccioso, lo aggira, allontanandosi, quindi dal suo percorso in linea retta.

Se la Terra non ruotasse intorno al proprio asse, il vento, sotto l'impulso della sola differenza di pressione, fluirebbe direttamente dall'alta verso la bassa (fig.1-11). Se non ruotasse. E invece gira, descrivendo un giro completo in 24 ore. Tutti i punti sulla Terra, pertanto, sono soggetti a questo movimento, che in termini angolari, è uguale per tutti. Sia che mi trovi sulla massima circonferenza, l'Equatore, sia che mi trovi al Polo Nord, compirò un giro di 360 gradi in 24 ore. Questa velocità, abbiamo detto, è uguale per tutti e prende il nome di velocità angolare.

C'è invece una velocità, detta lineare, che non è uguale per tutti, ma dipende dalla posizione occupata dal punto sulla superficie terrestre, ovvero dalla latitudine.

Se considero le circonferenze della Terra perpendicolarmente all'asse di rotazione, avrò partendo dall'Equatore, cerchi via via più piccoli, fino ai Poli, dove il cerchio si sarà ridotto ad un semplice punto.

Diversa, quindi, sarà la velocità del punto posto sull'Equatore, che dovrà compiere un giro di 40mila km in 24 ore, rispetto al Polo Nord, dove il punto coprirà nel medesimo periodo una distanza pari a zero, limitandosi a girare su stesso.

Le persone non si accorgono di questo movimento perché sono "solidali" alla Terra, cioè partecipano del suo moto saldamente vincolati ad essa.

Poniamo il caso di un punto che si voglia muovere dall'Equatore verso i poli secondo un movimento meridiano. Esso, all'atto del suo spostamento, possiederà una velocità lineare di 40000km/24 ore, e man mano che prosegue verso i poli, incontrerà cerchi dove la velocità lineare diviene sempre più piccola: in breve, si troverà sempre un po' più avanti rispetto al suolo.

Un osservatore posto all'esterno sapete cosa vedrebbe?

Che quel punto che cerca di andare dall'Equatore al polo in linea retta, in realtà si sposta verso destra.

Si tratta della cosiddetta forza deviante (accelerazione di Coriolis). Pertanto il vento in movimento anziché fluire in linea retta dall'alta verso la bassa, subendo questa deviazione, ruoterà, nell'emisfero nord, verso destra.

Un esempio semplice potrebbe essere quello di una pista di automobiline a più corsie, dove l'auto che occupa la corsia più a destra possiede una velocità maggiore rispetto a quella soprastante. Se l'auto più veloce ad un certo punto scavalca la corsia, portandosi su quella alla sua sinistra, si troverà davanti all'auto che corre in quella corsia, e ancor più avanti rispetto a quella che percorre la successiva corsia a sinistra.

Il moto risultante è un evidente spostamento a destra rispetto alle altre automobiline.

Non è un concetto facilissimo da spiegare, per cui ogni esempio corre il rischio di essere riduttivo.

Ritorniamo alle nostre aree di alta e bassa pressione: il vento che esce dall'alta non sarà perpendicolare alle isobare, ma subendo la deviazione tenderà a ruotare verso destra assumendo un verso di rotazione oraria rispetto al centro dell'alta.

Fissiamo dunque questo concetto: il verso di rotazione del vento intorno alle aree di alta pressione è orario (fig.2-11).

Badate bene che nell'emisfero sud, o australe, è esattamente il contrario, in modo speculare: il movimento intorno all'alta è antiorario, proprio perché la deviazione di Coriolis agisce nel verso opposto rispetto all'emisfero nord.

Nel nostro emisfero, nelle aree di bassa pressione il movimento dell'aria assume una rotazione antioraria (fig.3-11).

Imparato questo concetto, ovvero:

alta pressione=circolazione oraria

bassa pressione=circolazione antioraria,

possiamo subito approfittarne per enunciare una regola pratica, che va sotto il nome di regola di Buys-Ballot. Poiché alle basse pressioni è associato il maltempo (e ne scopriremo il perché nella prossima lezione), è interessante sapere in che direzione conviene dirigersi in modo da allontanarsi dall'area di maltempo. In questo caso ci viene in soccorso la suddetta regola, che dice:

ponendomi con il vento alle spalle, avrò la bassa pressione davanti a sinistra, e l'alta pressione in basso a destra.

Quindi, in vista del maltempo, conviene andare verso destra per allontanarsi dall'area di bassa pressione. Uno sguardo alle figure ci chiarirà ogni dubbio (fig.4-11).

A questo punto possiamo introdurre un altro concetto: se vi fosse soltanto la deviazione di Coriolis, il vento spirerebbe pressoché parallelo alle isobare. In realtà esso finisce per intersecarle, perché interviene una ulteriore deviazione, questa volta verso sinistra, dovuta all'attrito causato dal contatto dell'aria con le asperità della superficie terrestre.

Un altro piccolo passo nell'interpretazione della cartina

Guardiamo ora la nostra cartina. Adesso siamo in grado di capire il significato delle zone di alta e bassa pressione. Possiamo facilmente renderci conto che in corrispondenza della lettera L troviamo il minimo di pressione, e quindi le pressioni crescono dal centro verso l'esterno: 1000, 1004, 1008, ecc.

In corrispondenza della lettera H troviamo invece il massimo della pressione, con pressioni via via decrescenti dall'interno verso l'esterno: 1024, 1020, 1016, ecc.ecc.

Con ciò che abbiamo imparato, siamo in grado addirittura di individuare il flusso seguito dalla massa d'aria, ovvero la direzione di provenienza dei venti nei vari luoghi.

Consideriamo di trovarci ai margini della depressione, in basso a destra: il vento spirerà da sud, sud-ovest. Facciamo adesso il discorso contrario: ci troviamo in quella medesima zona, con un vento alle spalle che giunge da sud: dove si troverà l'area di bassa pressione? Applicando la regola di Buys-Ballot, essa si troverà davanti a sinistra, esattamente come possiamo osservare sulla cartina. Avete notato ? Senza aver alcun dato, posso rapidamente fare delle considerazioni sulla distribuzione in grande della pressione basandomi soltanto sulla direzione di provenienza del vento.

Vedete, il meteorologo non deve far altro che raccogliere indizi: il professionista ha a sua disposizione una infinità di fonti, ovvero le osservazioni strumentali, le immagini da satellite, i modelli numerici, ecc. ecc. quindi viene messo in grado di potersi fare un'idea più o meno precisa, collezionando parecchi indizi.

Ma anche il dilettante può fare la stessa cosa: non deve far altro che imparare a riconoscere gli indizi, i segni del tempo.

Risulta evidente che un singolo indizio di per sé non potrà mai darmi un'idea precisa: se possiedo solo il dato del vento, o della pressione, mi farò sempre e comunque una idea molto approssimativa del tempo, tale da indurmi a conclusioni errate.

Riassumendo:

-abbiamo imparato cosa origina il vento

-abbiamo imparato anche qualcosa circa la direzione di provenienza del vento.

Adesso ci tocca capire cosa determina l'intensità del vento.

A volte il vento può essere piacevolmente intenso, talvolta non tanto piacevolmente, specie se associato a raffiche o temporali.

Perché il vento può essere più o meno forte? Ovvero, cos'è che induce una maggiore o minore velocità del vento?

La differenza di pressione.

Se ricordate, noi abbiamo parlato di dislivello tra alta e bassa.

Disegniamo una montagna e una collina: come definireste la montagna rispetto alla collina? Direste che la montagna è più ripida, ovvero che la variazione di quota avviene in uno spazio più breve rispetto alla collina.

Un fiume che porta acqua dalla cima della montagna al mare scorrerà più velocemente rispetto ad un fiume che scende sui tranquilli declivi di una collina.

L'intensità del vento pertanto sarà data dalla grandezza della variazione di pressione rispetto ad una distanza. Le isobare molto fitte corrispondono ai fianchi molto ripidi di una montagna, per cui la forza che induce il vento a muoversi sarà molto intensa. Un esempio proponibile può essere il seguente: se prendiamo un piano inclinato, la pallina posta sul lato più alto scenderà con una velocità maggiore a seconda dell'inclinazione

del piano. Più il percorso sarà ripido, più velocemente scenderà la pallina.

La variazione di pressione in uno spazio definito prende il nome di gradiente barico: più le isobare sono vicine, più alto sarà il gradiente barico e più intensa sarà la velocità del vento.

Guardando la nostra analisi al suolo, possiamo già individuare, almeno qualitativamente, le aree in cui il vento si presenterà più veloce: laddove le isobare si presentano più ravvicinate.

Un'altra considerazione che possiamo fare è la seguente:

generalmente le isobare si presentano più ravvicinate presso le basse pressioni, mentre nelle zone di alta sono più distanti l'una dall'altra. E questo ci dà ragione del fatto che, quando ci troviamo in un regime di alte pressioni, i venti sono deboli e talvolta, addirittura assenti (calma di vento).

Esiste una regoletta pratica per calcolare l'intensità del vento partendo dalla distanza tra le isobare, valida per il Mediterraneo. Se conosco la scala di una cartina, prendo una riga millimetrata e misuro la distanza tra due isobare presa perpendicolarmente. Se invece la scala non è nota, basta sapere che la distanza tra Trieste e Capo Passero (all'estremità sud-orientale della Sicilia) è all'incirca 1000 km. A questo punto è sufficiente ricavarsi la distanza in cm tra le isobare e impiantare una semplice proporzione.

Esempio:

se la distanza in cm tra Capo Passero e Trieste è di 25 cm, significa che 1000 km si riducono sulla carta a 25 cm. Se la distanza in cm tra le isobare è di 5 cm, D (il dato incognito) sarà dato da:

1000 : 25 = D : 5 (1000 sta a 25 come D sta a 5)

D = 1000 x 5 / 25

D = 200 km.

Le due isobare, dunque, distano perpendicolarmente tra loro 200 km. Se indichiamo d la differenza di valore tra le isobare (solitamente d=4 hPa), ricavarsi l'intensità del vento sarà un gioco da ragazzi:

infatti

v (in nodi) = 1000 x d / D (n.b. 1000 è un valore costante approssimativamente valido per il mediterraneo).

v = 1000 x 4 / 200

v = 20 kts.

 

Unità di misura del vento

Le unità di misura del vento maggiormente utilizzate sono:

i metri al secondo (m/s)

i nodi (miglia marine per ora, kt)

i chilometri orari (km/h).

Una regola molto pratica per passare da una unità di misura all'altra consiste nel ricordare la sequenza di numeri

1

2

3,6

ovvero 1 m/s = 2 kt = 3,6 km/h.

Esempio:

un vento che spira a 10 m/s corrisponderà ad una intensità di circa 20 kts, ovvero a 36 km/h.

Un vento di 36 nodi corrisponderà a circa 18 m/s, ovvero a 18x3,6 km/h, cioè circa 65 km all'ora.

E' appena il caso di dire che i valori ricavati dovranno essere considerati puramente indicativi, in quanto altri fattori possono determinare una variazione locale dell'intensità del vento.


Nella prossima dispensa, esamineremo l’equazione fondamentale della statica dell’atmosfera e accenneremo alle cause che portano ad associare il maltempo alle aree depressionarie.


(rev.01/2001)

Questa pagina è stata realizzata da Vittorio Villasmunta

Ultimo aggiornamento: 29/11/14