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Corso di Meteorologia per Istruttori F.I.V.

Parte seconda

A caccia di indizi

Coloro che stamattina hanno osservato il cielo, cosa hanno potuto notare? Questa mattina, qui a Bari, si potevano osservare, in un cielo peraltro molto pulito, terso, l'arrivo di qualche cirro. I cirri sono nubi molto alte, ed hanno la caratteristica di essere sottili e di avere un aspetto quasi evanescente. In certe condizioni, spesso, possono preannunciare l'arrivo di una perturbazione di tipo "caldo". Precedono solitamente l'arrivo del fronte di 800-1000 km. Il tempo che intercorre tra la loro comparsa ed il sopraggiungere del fronte dipende, naturalmente, dalla velocità con cui avanza il fronte stesso; tuttavia possiamo valutare questo arco di tempo in 12-18 ore. 

Questa osservazione la chiameremo indizio n.1.

Anche nel campo termico, era possibile fare delle valutazioni. La temperatura dell'aria era molto mite, anzi, il vento girandosi a scirocco e rinforzando, ha innalzato ulteriormente le temperature. Questa rotazione del vento dai quadranti meridionali costituisce un indizio molto buono, e pertanto sarà il nostro indizio n.2. 

Insospettito da questi indizi, ho visto un po' di cartine meteorologiche che mi hanno confermato che il tempo domani assumerà un aspetto completamente differente da quell'odierno. L'aria tiepida lascerà il posto ad aria molto più fredda, proveniente da alte latitudini polari. Al passaggio del fronte, il vento ruoterà in senso orario dapprima mettendosi da ovest e poi da maestrale. Ma soprattutto arriveranno le precipitazioni, che dopodomani potranno assumere carattere nevoso sulle alture intorno agli 800-1000 metri. Come vedete, basandomi su alcuni indizi che ho saputo riconoscere, ho ricevuto l'input per approfondire l'indagine. Se ricordate, la scorsa volta abbiamo parlato di metodo sinottico. Il metodo sinottico consiste nell'esaminare uno o più parametri registrati nel medesimo momento su un'area sufficientemente estesa. Stamattina, non avendo carte a disposizione, ho dovuto applicare il metodo esattamente contrario: ho osservato cosa accadeva in un singolo luogo col passare delle ore, ho colto questi segni e li ho integrati con lo studio delle carte del tempo, potendo infine esprimere una valutazione sull'evoluzione del tempo. Che cosa può dare conforto a questa previsione, basandoci su ciò che abbiamo detto nella scorsa lezione ? L'osservazione del barometro! Non tanto per il valore assoluto della pressione quanto per la tendenza barometrica. Il barometro segnava un valore di 1022 hPa. Se osserverò che la pressione comincia a calare, dapprima lentamente, poi sempre più rapidamente, avrò un chiaro segno che il maltempo sta avvicinandosi. Quindi tutti possiamo disporre di un chiaro ausilio di facile interpretazione per determinare il peggioramento. La pianificazione di una uscita per domani mattina potrebbe tener conto di questo fatto: che i venti persisteranno da scirocco, ma ad un certo subiranno una rotazione oraria rinforzandosi per portarsi a nordovest. Sull'Adriatico Meridionale, i venti più intensi sono quelli provenienti dal quadrante di nord-ovest. Di solito la rotazione oraria del vento si accompagna ad un rinforzo. Questo esempio vi dimostra come, imparando a riconoscere i piccoli segni del tempo e integrando con un esame sinottico della situazione, si può pervenire ad una ragionevole previsione o, comunque, a mettersi in preallarme per un eventuale cambiamento del tempo. In pratica, quanto detto significa che, domani mattina, il probabile cambiamento del tempo non ci sorprenderà. 

E' utile, a questo punto, riprendere rapidamente i concetti espressi nella precedente lezione, in modo da procedere poi speditamente. Il primo punto fermo è rappresentato dal concetto che il vento spira dall'alta pressione verso la bassa pressione. Sulle carte di analisi al suolo, le figure bariche principali vengono individuate da linee continue dette isobare, il cui valore talvolta è riportato con le sole ultime due cifre. L'unità di misura della pressione atmosferica è l'hPa, anche se si usa ancora il termine millibar (mb). Ad ogni modo, le due unità sono perfettamente equivalenti. 

In prima battuta, potremmo pensare che il fluire del vento dal centro di alta verso il centro di bassa avvenga in modo diretto. In realtà questo non succede, poichè intervengono altre forze a deviare questo flusso, prima fra tutte la forza deviante di Coriolis. In quota, nella cosiddetta libera atmosfera, il vento scorre pressoché parallelo alle isobare. Infatti, libera atmosfera sta a significare soprattutto che in quota il vento è libero dall'attrito con il suolo, che induce invece nei bassi strati, un'ulteriore deviazione che costringe il vento a tagliare le isobare. Nell'emisfero boreale, il vento circola in senso orario nelle aree di alta pressione, e in senso antiorario in quelle di bassa pressione. 

Un regoletta pratica, detta di Buys-Ballot, enunciata nella scorsa lezione, ci può aiutare ad individuare la posizione dei centri depressionari: essa ci dice che mettendosi con il vento alle spalle, avremo davanti a noi verso sinistra la bassa pressione, dietro di noi verso destra l'alta. 

Un'altra relazione importante da noi trovata è quella che prende in esame la distanza che intercorre tra due isobare (gradiente barico). Dall'esame di questa informazione, possiamo trarre utili indicazioni circa l'intensità del vento. Si possono fare due tipi di valutazioni: una di tipo qualitativo, ovvero, ad esempio, "le isobare sono molto ravvicinate, per cui il vento soffierà forte", oppure, "le isobare sono molto distanti tra loro, per cui il vento sarà debole o addirittura assente". Questo è un tipo di giudizio qualitativo, cioè espresso senza entrare nel merito dei numeri, ma basandomi esclusivamente su una valutazione di massima di quello che vedo. Ovviamente, ciò non implica una sostanziale inesattezza del giudizio, ma soltanto una imprecisione. La valutazione "quantitativa" impone, invece, l'uso dei numeri: attraverso varie formule, una delle quali esaminata la volta scorsa, è possibile ricavarsi un valore definito per l'intensità del vento: attenzione, questo non significa che il dato ricavato sia più "vero" o preciso dell'esame qualitativo, soprattutto perché i dati che noi immettiamo sono basati sempre su situazioni "grossolane", cioè di massima: per fare un esempio, non possiamo pretendere che un filtro a maglie larghe non lasci passare la polvere più fine e qualche sassolino, cioè non possiamo pretendere che immettendo nella formula dati di per sé imprecisi, si possa ottenere un dato assolutamente preciso.

 La tendenza barometrica.

Rappresenta la quantità di variazione subita dalla pressione atmosferica in un dato periodo di tempo, tipicamente tre ore. La tendenza barometrica è una nostra preziosa alleata, poiché ci può fornire ulteriori "indizi" alla nostra indagine sull'evoluzione delle condizioni meteorologiche. Ad esempio, una tendenza barometrica di 1 hPa per ora, quasi sempre preannuncia vento forte. Normalmente la pressione non subisce variazioni brusche, salvo quando arrivano le perturbazioni. Avendo un semplice barometro a disposizione, con gli indizi osservati stamattina, possiamo seguire fino a domani l'evoluzione del tempo. Osservando sul barometro l'andamento della pressione, in presenza di una diminuzione costante e pronunciata potremo dedurne che la perturbazione si sta avvicinando fino a transitare su di noi. In termini generali, si può dire quanto segue: 

una variazione positiva molto forte può indicare l'avvento di un cuneo di alta pressione che porta un miglioramento temporaneo. 

Una variazione negativa molto marcata preannuncia un rapido peggioramento della situazione, con afflusso di aria molto fredda in inverno e temporali durante l'estate, solitamente seguiti da un altrettanto rapido miglioramento. 

Variazioni graduali portano, invece, a situazioni generalmente più persistenti: una graduale diminuzione della pressione predice condizioni di maltempo durevoli, un lento costante aumento lascia intravedere l'avvento di alte pressioni stabili.

Maltempo e bassa pressione. 

Ora che sappiamo quasi tutto sulla pressione, ci resta da capire perché associamo il tempo cattivo alla bassa pressione, e il tempo bello e soleggiato all'alta. L'aria, quando si riscalda, diventa meno densa e perciò più leggera e quindi, per il principio di Archimede, riceve una spinta verso l'alto e tende a sollevarsi: si realizza un moto verticale. Quindi l'atmosfera non è caratterizzata soltanto da moti orizzontali, che abbiamo definito "vento", ma è anche animata da movimenti verticali. Questi moti verticali possono avere un'origine termica o dinamica. Nel nostro esempio, ci troviamo di fronte ad un "motore" termico, ovvero ciò che spinge l'aria a muoversi verso l'alto è il riscaldamento della massa d'aria operato dalla superficie terrestre. Questo sollevamento dell'aria, del resto, è alla base del meccanismo di formazione delle brezze, in quanto l'aria che lascia il suolo viene sostituita dall'aria richiamata dalle aree circostanti, e in particolar modo dal mare, dove l'aria possiede una densità relativamente maggiore rispetto alla superficie terrestre. In definitiva, possiamo dire che nelle aree di bassa pressione, prevalgono i moti ascensionali, mentre nelle aree di alta, i moti dominanti sono quelli diretti verso il basso (subsidenti). Se l'aria è indotta a muoversi verso l'alto, incontrerà pressioni più alte o più basse. Sappiamo che la pressione diminuisce con la quota, per cui spostandosi verso l'alto, incontrerà via via pressioni decrescenti: per fare un esempio, se al suolo la pressione media è più o meno di 1013 hPa, a 1500 metri, la pressione si sarà ridotta ad 850 hPa, e, salendo ancora, intorno ai 5500 metri, il valore della pressione si sarà dimezzato, con un valore prossimo a 500 hPa. L'aria, soggetta ad una pressione esterna minore, tende ad espandersi: più sale più si espande. Un esempio molto semplice di questo fenomeno è raffigurabile da un palloncino riempito d'elio: una volta liberato, il palloncino comincia a salire, finchè non esplode. L'esplosione è dovuta generalmente proprio al fatto che esso, elevandosi, si è via via espanso ad un punto tale da superare il limite di elasticità della gomma di cui è fatto. L'aria sollevandosi, quindi, si espande e si raffredda, e perciò la sua capacità di mantenere acqua allo stato gassoso diminuisce, poichè questa capacità dipende proprio dalla temperatura, finchè raggiunge il limite massimo, detto saturazione : a questo punto, tutta l'acqua in più rispetto alle sue capacità comincia a condensare, ovvero a passare dallo stato gassoso a quello liquido, formando le goccioline minute delle nubi. Quindi, come vedete, laddove l'aria tende a sollevarsi, se possiede una sufficiente quantità di acqua allo stato gassoso, formerà a partire da una certa quota in poi, le nubi. Il contrario avviene nelle aree di alta pressione, dove cioè i moti sono dall'alto verso il basso: qui l'aria subisce una compressione e tende perciò a riscaldarsi. Con l'aumento della temperature, l'acqua in eccesso passa dallo stato liquido allo stato gassoso, e perciò il cielo si fa terso e scompaiono le nubi. 

Tipi principali di nubi. 

La forma delle nubi dipende sostanzialmente dalla modalità con cui l'aria si è sollevata. Si suole distinguere fondamentalmente due tipi di nubi: stratificate cumuliformi. 

Le nubi stratificate devono il loro sviluppo ad un sollevamento graduale dell'aria, che giunge perciò alla saturazione (100% di umidità relativa) senza grandi sconvolgimenti. Le nubi di tipo cumuliforme, invece, si sviluppano a seguito di un innalzamento più o meno brusco dell'aria (quindi con velocità verticali piuttosto pronunciate. Queste nubi le possiamo trovare a diverse quote nella troposfera, tuttavia esse tendono ad occupare regioni precise dell'atmosfera, per cui è possibile suddividerle ulteriormente in nubi che si sviluppano a quote basse, medie ed alte. C'è tuttavia un tipo di nube che in virtù delle forti velocità ascensionali, si sviluppa al suolo e si innalza fino a raggiungere le quote più elevate: il cumulonembo è una nube che tipicamente si comporta cos. E' in definitiva la classica nube temporalesca. Le nubi associate al maltempo, le cosiddette perturbazioni, assumono un aspetto organizzato, a cui si è dato nome di fronte. 

Si distinguono tre tipi di fronti:

Nel fronte caldo l'aspetto delle nubi è di solito stratificato, in quanto il fronte stesso rappresenta la linea d'intersezione al suolo di una massa d'aria calda in movimento. L'aria calda, spostandosi verso zone in cui l'aria è relativamente più fredda e quindi più densa, tende a scivolare dolcemente sull'aria fredda.

Nel fronte freddo, la nuvolosità prevalente è di tipo cumuliforme, poichè l'aria fredda essendo più densa, tende a scalzare l'aria calda verso cui si muove dal basso, sollevandola bruscamente.

Il fronte occluso presenta entrambe le caratteristiche dei due fronti suddetti, e il suo formarsi è indizio che la perturbazione sta iniziando ad esaurirsi, il che avverrà completamente quando le masse d'aria che si sono incontrate avranno raggiunto caratteristiche termiche simili nei bassi strati e una configurazione più stabile in quota.

Nella prossima lezione, tratteremo brevemente dello stato del mare.


(rev.01/2003)
Questa pagina è stata realizzata da Vittorio Villasmunta

Ultimo aggiornamento: 29/11/14